E’ un bel libro con una storia che fa riflettere. C’è un ragazzo, “cattivo” e tanti personaggi adulti che come lui, non sanno come comportarsi e finiscono per optare per la repressione, l’indifferenza o l’evitamento. Dopo tante prepotenze, smarrimento e delusioni, finalmente Angelo viene a contatto con figure equilibrate, quella del prete e di Margherita. Come mi piacerebbe avere l’empatia che dimostra il prete della casa famiglia dove viene inviato Angelo, il protagonista, che non si arrabbia mai di fronte alle bravate, ai comportamenti scorretti e provocatori di questo ragazzo ribelle, sapendo di star facendo la cosa giusta per lui e quelli come lui. Bello anche il pensiero positivo, quasi da PNL, che il prete esprime attraverso l’abitudine di ritrarre le persone che ha vicino non nel momento di difficoltà in cui sono, ma in situazioni proiettate in un futuro migliore rispetto quanto farebbe supporre la situazione presente.
“E odiarmi mi odiavo.
Perché rovinavo tutto.
– Mi dispiace, ma non cominceremo finché Angelo non è pronto – diceva la prof.
– Se continuate a fare confusione non andremo in pales…Angelo!
– Mi spiace per voi, ma visto come si è comportata una certa persona nell’ultima gita…
Io me ne fregavo, sorridevo, scrollavo le spalle, totalmente indifferente, e mentre la prof partiva col suo pistolotto su come bisognava comportarsi, e sull’educazione e via dicendo, attraverso la finestra guardavo i cani che annusavano i mucchi di spazzatura all’angolo della strada, e pensavo: guardali, senza padrone, senza una prof a rompergli le scatole, beati loro.
Aspettavo che finisse la giornata. Che finisse la settimana, e il sabato mattina me ne andavo a casa. A volte i miei non potevano venire a prendermi in macchina e allora prendevo l’autobus. Qualche volta arrivavo a casa tardi. Di solito, nessuno se ne accorgeva. Ma a volte, mentre m’insinuavo silenzioso in corridoio, m’imbattevo nella mamma e la vedevo lanciare un’occhiata interrogativa all’orologio.
– Perso l’autobus, tesoro?
– Per un pelo – dicevo mi è passato proprio sotto il naso.
E mentre parlavo andavo in camera mia e chiudevo la porta. La mia voce si bloccava ancora prima che la porta potesse inghiottirla del tutto. Non mi richiamava mai indietro, mia madre, per sentire la fine. Sempre, in una casa, ci sono decine di cose da fare. E così, i sabati e le domeniche li passavo in casa come se fossi invisibile, come un’ombra, senza nessuno che notasse se c’ero o se non c’ero, se ero felice o se le cose andavano bene o male.
Se mio padre era nervoso allora le prendevo. Le prendevo per tutte le cose che combinavo. Venivo sempre punito perché lasciavo gocciolare il rubinetto che era duro da chiudere, e perché mangiavo troppo velocemente, e perché lasciavo i bicchieri in giro.
Mio padre me le mollava subito, e continuava finché mia madre non poteva fare più finta di non aver notato quello che stava succedendo.
Io pensavo che gli altri ragazzi del quartiere non erano diversi. Ne conoscevo tanti e sapevo che erano cattivi quasi quanto me. Ma io anche ai loro occhi ero sicuramente più cattivo, perché ero in collera con tutti. E mi sembrava che nessuno mi vedesse, finché non combinavo qualcosa. Non che non sapessi cavarmela da solo, ma a volte preferivo essere visto. Cosa può fare un ragazzo, per farsi vedere? Io non lo so, questo. So solo che se il mondo fosse stato giusto, io sarei stato una persona buona e brava, il ragazzo che ero dentro, prima che tutto andasse storto e che ne fossi travolto.”
Titolo: Ero cattivo
Autore: Ferrara Antonio
Dati: 2012, 180 p., rilegato, 2 ed.
Editore: San Paolo Edizioni (collana Narrativa San Paolo ragazzi)
Età di lettura: da 12 anni
(articolo di: katerina)